Va bene, lo ammetto, io
Gomorra non l’ho né letto, né comprato, ho visto il film. Sparerei, a chiunque
dicesse questa frase in mia presenza, e mi vergogno ad ammetterlo, ma è la verità. Ho visto il film (ricordo
bene quella settimana, feci una doppietta di leggerezza all’italiana niente male:
il Divo e Gomorra, martedì e mercoledì all’Anteo. Finito il secondo
film ci ho messo 3 minuti buoni per decidere che la vita l’avrei vissuta lo
stesso e che per farlo mi sarei dovuta alzare dalla sedia e uscire dal cinema.
Avessi visto un cine-panettone su canale 5 il giorno dopo, non sarei qui a scrivere
in questo momento) una mia cara amica, con la quale condivido l’amore per
i libri, mi ha detto che dal punto di vista letterario non è il massimo,
quindi ho deciso di fidarmi della sua opinione e niente libro. Qualcosina di
Gomorra l’ho letto anni fa, su Nazione Indiana. Ma non è certo un libro che non
ho letto a formare la mia opinione del Saviano. Dovrei non averla proprio
un’opinione, come è normale in tutti quei i casi in cui non mi sento ispirata
dall’autore.
Sono convinta che solo in
rarissimi casi i libri siano malvagi e quei pochi che lo sono non appartengono
alla categoria snobbata di letteratura popolare, ‘le barzellette di Totti’, ‘Le
prigioni di Corona’ o anche il libro di ‘Incantesimo’. Se uno vuole leggere,
che legga pure quello che gli pare. Il libro è una delle pochissime cose sulla
quale si può esercitare pienamente un giudizio e una scelta. Si può, sempre che
uno ci tenga, afferrare con superiorità la fetenzìa dal banco di una libreria,
o fare i fighi all’autogrill e chiedere a voce alta chi è il minorato che
compra quell’immondizia. Gomorra non rientra nella categoria ‘impensabili’, e
anche se ci rientrasse può proseguire il suo successo senza di me, la cosa mi lascia
indifferente. Posso scegliere e lo faccio.
Diverso è il discorso per
gli autori in carne e ossa, quelli che diventano personaggi e Saviano è uno di
questi.
Saviano ricopre una posizione
invidiabile, senza dubbio. Perché è nell’Olimpo dei semi-dei. Perché lui ce l’ha
fatta. Perché fa quello che vorrei fare io, che come me vorrebbero fare tanti
ragazzi che scrivono: vive di quello che fa. Quelli che almeno una volta si
sono chiesti se Elliot e Kafka si rendevano conto del culo che
avevano con due amici come Pound e Brod. Saviano ha avuto l’idea che ha fatto 'il botto' e può dire tranquillamente di fare lo scrittore. È arrivato
addirittura a parlare di libri in televisione, da Fazio, e per una volta quasi
sorrideva per quanto era contento. E’ un po’ come Pirlo, lui, sempre la faccia
scura, ma lì no, aveva l’occhietto lucido e innamorato. Forse, anzi sicuramente, io non proporrei mai
‘Arcipelago gulag’ nella mia top ten, ma ogni lettore ha la sua storia e
chissà come dev’essere stato bello raccontare i buoni motivi per amare un libro
che appassiona, percorrerne le venature segrete, quello che da un lato pensa di
aver scoperto, che invece è lì nel libro a disposizione di tutti, è
la magia, l’ingrediente in più che trasforma le pagine in ali e fa sì che quel
particolare libro venga riletto, amato, protetto e mai prestato. Beato Saviano, se posso dirlo. Ma sono allo stesso tempo molto sportiva. Chi lo sa, magari lui è
stato il battistrada di quella che diventerà una bella iniziativa, un idea, con
altri scrittori e altri libri. Ci vorrebbero più cose di questo tipo. Di sicuro
non è per questo motivo che non lo posso più vedere.
Cominciai a chiedermi come
mai Saviano fosse ovunque qualche mese fa, durante il primo periodo dell’Occupy
Wall Street. Forse ero sulla Rai, e chi ti vedo a girare per Manhattan
raccontando chicche e aneddoti? Saviano ovviamente. Lì mi girarono un pochino, in modo immediato e
umano. Ogni volta che c’è un giovane che protesta, ogni volta che ci si ribella
ad un potere occulto, eccoti sbucare il
Saviano che racconta e commenta, che telecronaca e dice la sua. Come il Gabibbo
negli anni ’90, che anche se non guardavi la tv era sulle merendine, te lo
ritrovavi portachiavi, peluche, braccioli, cartelle, quaderni a dire ‘besugo di
un besugo’. Come il periodo di Mourinho all’Inter, quando smisi di comprare e
leggere la Gazzetta perché rischiavo di frantumarmi i denti dal nervoso. Che
palle, ma Saviano c’entra sempre? Con questa faccia da pianta cresciuta
nell’armadio, il sopracciglio folto da avvoltoio Disney, io che i comizi non li
ho mai retti, e il catechismo non lo sopportavo, ho cambiato canale e l’Occupy Wall
Street l’ho seguito in rete. Senza Saviano, visto che si poteva scegliere.
Ma Saviano era in agguato
nell’ombra, pronto a sferrare il colpo decisivo.
Dopo Natale sono da
Feltrinelli con mia sorella, alla ricerca di una piccola soddisfazione
personale, un cd, un libro, insomma qualcosa, e vedo ‘Astarte’, di Andrea
Pazienza edito da Fandango in offerta. Lo prendo in mano e leggo in copertina ‘
con l’Introduzione di Roberto Saviano’. Ancora lui. Pure qui.
Ci fosse un balcone, una
vetrata, prenderei la rincorsa e mi getterei urlando frasi incoerenti.
Sul serio: quale sarebbe il legame fra l’eroinomane e geniale Pazienza
con Saviano scrittore e personaggio simbolo della lotta contro i poteri occulti?
Non basta il ’77 per far si che diventino compagni di merende! Pazienza, con la sua ironia, la sua strafottenza, mai si
sarebbe sognato di scrivere una titanica opera di ricerca e denuncia, perché
anche se l’ho in gloria e chi mi conosce lo sa, era troppo fatto, troppo scanzonato,
troppo pigro, Pazienza disegnava al massimo una vignetta con scritto che le
figlie di De Mita andavano al Mamiani e la davano volentieri. Faceva ridere, lui. Si incazzava in modo incoerente, e quando
scriveva se la menava pure, ma perché Saviano? Se penso a come Pazienza prendeva
affettuosamente in giro Pertini, alla vignetta di Totò, al mitico
Agnelli-nuvola sopra la Mirafiori che con una ciminiera si pippa i piccoli operai in
fuga, e poi a quella faccia da beccamorto di Saviano! Anche
nel caso in cui Saviano fosse un lettore accanito di Pazienza (cosa che mi stupirebbe
assai ma sono pronta a ricredermi, può essere, non è che 'Arcipelago Gulag' e 'Zanardi' si escludano a vicenda, Saviano è umano, ride anche lui, come tutti noi. Almeno credo) e avesse implorato la Fandango per l’incarico,
avrebbero dovuto pensarci, gli editori, prima di dare il benestare. C'è tanta gente che con Pazienza c'entra e non è sconosciuta. Filippo Scozzari, Stefano Benni, Michele Serra per fare dei nomi. E' il marketing, el danè, potrebbe obiettare qualcuno. Infatti è da manuale: io che i libri
di Pazienza li compro da sempre, io che li colleziono, io che ho cercato per
anni un Penthotal fuori catalogo, io, l'acquirente tipo, ho lasciato giù ‘Astarte’ disgustata, come
se fosse stato un fazzoletto sporco di moccio altrui, anche se era in offerta, anche se era fatto benissimo, anche se manca alla mia collezione, anche se ero in libreria per comprare. Alzi
la mano chi porterebbe a casa un albo di fumetti rilegato a- sconosciuto e inedito; b-incompleto, perché Pazienza, che io ho in
gloria, era un fattone; c-che costa più
di 20 euro; solo perché l’introduzione l’ha fatta Saviano! E’ come far fare a
Trapattoni (con tutto l’imperituro rispetto per il suo genio in molti campi) la
prefazione di ‘Piccolo mondo antico’ e aspettarsi che un fanatico della Valsolda, giusto perché c'è il Trap, lo compri.
‘Astarte’ può anche aver scalato le vette delle classifiche, anche di questo importa poco. Quello che mi fa chiedere 'Ancora lui?!', e il constatare che anche se l’ho evitato, se ho fatto di tutto per evitarlo, Saviano me
lo ritrovo ovunque, sbuca dappertutto come l’ex di cui ti vuoi dimenticare
perché è meglio te, fino a starmi finalmente, irragionevolmente lo concedo, ma
indiscutibilmente, sulle palle.
Ho
pensato a una cosa che ha detto Saviano, (ancora lui!!!) in tempi non sospetti,
quando ancora era un giovane scrittore al primo grande successo e non saltava
fuori da ogni buco underground come un Supergiovane avariato. Da Fazio,
raccontò di aver conosciuto Salman Rushdie, e che l’autore di 'Versetti Satanici' gli confidò, da scortato a scortato: ‘stai attento, perché se sei sotto scorta e dopo un po’ nessuno ti
fa fuori, finiscono per odiarti’. Salman Rushdie, che per dirne una, fa un
cammeo nel film ‘ Il Diario di Bridget Jones’.
Difficile odiare con buon
senso una persona che non si conosce, anche se ha (scorta esclusa) molte cose
invidiabili. Forse uno dei motivi per il quale il Saviano personaggio non lo
posso più reggere è perché è diventato, suo malgrado, uno dei simboli di un
sistema culturale vecchio, fastidioso, in vigore da sempre. L’autorità, quando
si parla di letteratura, è fondamentale, ma è consuetudine, nel nostro paese,
trasformare quell’ autorità, che lo scrittore a suo modo si guadagna a colpi di
penna e consensi dei lettori, in aura mediatica. Detto questo, non è certo
lui che rovina la letteratura italiana. Ha appena trent’anni, è una persona intelligente
e appassionata, ama la letteratura e potrei anche sciogliermi per uno dei suoi
libri un giorno. Scegliere di leggerlo. Per ora so solo che mi ha rotto le
palle, che con Pazienza non c’entra una mazza, che ha leso la mia capacità e
libertà di scegliere e che infine, vinta dall'amore che vince sul fastidio comprerò ‘Astarte’, perché Fandango è un’ottima
casa editrice, l’albo è bello, quindi gli arriverà il mio contributo in royaltes. Lo hanno
anche fatto cittadino onorario di Milano, è una notizia di pochi giorni fa. Adesso ci manca solo che mi
tamponi la macchina.
Non è mai una cosa così seria da non pensar l'esatto il contrario.
Ilaria Calamandrei