sabato 24 agosto 2013

ANCORA CON ‘LA FATAL VERONA’ E STO ‘GRAZIE PRESIDENTE’



Lo so da dopo il mondiale del 94. Ho undici anni, Baggio spara alto sopra la traversa e Baresi piange. La sconfitta, se non c’eri, non è la stessa cosa. Se non la ricorda mai nessuno, non è mai successa. Se non c’eri, non vale.

Com’è che un milanista nato anni dopo il 1973 impara quanto fatale fu la Fatal Verona?
C’è il coro da stadio, la dichiarazione dell’odio: Noi odiamo la Juve, noi odiamo la Nord, noi odiamo Verona etc. Ma io odio la Fiorentina (a morte, per me è un derby, non li posso vedere, da quando hanno aggiunto il tocco Della Valle li odio peggio di prima) e non me lo ha detto nessuno di farlo.

Ci sono i ricordi dei genitori. Zigoni è del 44 come mio padre. Mio papà è un informatico parla una volta ogni dieci anni circa e non è detto che parli di calcio. Le sue memorie sono tutte per Rivera criticato da Gianni Brera, per la Farfalla Granata Gigi Meroni, per le punizioni a foglia morta di Mario Corso, uno dei preferiti di Angelo Moratti, famoso per aver mandato a fanculo con gesto dell’ombrello tutte le eminenze in doppio petto della Nazionale Italiana dopo un gol spettacolare. Non era stato convocato in azzurro, cosa che capitava anche a Meroni, reo di concubinato e di pettinature alla Beatles nell’Italia che votava quello che diceva il parroco a messa. Insomma, il mio papà milanista ricorda lo stile e il genio incompreso, non la sconfitta.

So de La Fatal Verona perché tra documentari e commemorazioni della doppia ricorrenza, mi è stato detto che il popolo rossonero ha invaso la città scaligera per festeggiare lo scudetto della stella e lo ha perso, poi si è giocato la salvezza contro il Verona ed è retrocesso in B. Ho visto le pose di Zigoni, cresciuto dai gobbi, un playboy che nel tempo libero sparava ai lampioni con una colt (Balotelli, in quanto a coglionaggine non sei ancora nessuno!). Un uomo dal discreto sex appeal, pure con quel vello che non ha nulla da invidiare a quello che sfoggiava Jon bon Jovi prima che il laser epilatorio lo proiettasse nel ventesimo secolo. 



Il campionato comincia così. Un Milan che non ha cambiato molto, Mario il Bresciano che infastidisce Tosi, e il ricordo di quel Milan operaio, pre Cavalcata delle Valchirie, pre Van Basten, e che noia mortale, pre Berlusconi, un Milan che poteva retrocedere in un campionato che il Cagliari poteva sperare di vincere.
Allegri ci ricorda, con poca grazia e con ancora meno stile,  il debito che il Milan ha con il suo Benedetto Presidente. (mi rivolgo ai lettori di questo blog: sì, sto finendo gli insulti). Allegri rievoca gli anni d’oro.

Hai goduto quel Milan, mo’ ringrazia, dì grazie, dì grazia, INGRATO!

Pure il peggior milanista antiberlusconiano, quello che va a votare incazzato, torna, stritola il telecomando, tira cazzotti al computer, invoca l’intervento divino con le mani giunte, incassa stoicamente la sconfitta, scopa incazzato, restando, mannaggia a lui, milanista, nonostante sia politicamente molto incazzato, di fronte a questo ragionamento, vacilla.
Nessuno poi gli ricorda cosa sono stati gli anni 90, al di là di quel gran campionato, il più bello del mondo, perché sarebbe un discorso impopolare. Gli anni di Tangentopoli, quando si scoprì che la politica, la finanza e l’industria si mettevano in tasca i soldi pubblici. I soldi di tasse imposte per portare il paese nel futuro, finivano a beneficiari privati. Quei soldi per garantire una certa continuità con il patrimonio fornito dal Piano Marshall prima, dall’Alleanza Atlantica poi, si sono vaporizzati. Non devo ricordare inoltre quale sia stato il percorso che ha portato Berlusconi tra i più ricchi di Italia. Senza un acquirente il Milan sarebbe fallito. Una volta che una squadra è fallita, la devi riformare da zero. Di chi erano quei soldi, da dove arrivarono, qual è stato il prezzo pagato da un abbonato e pure da un cittadino che del calcio guardava giusto la nazionale, se lo ricorda mai nessuno?

Lo rimetto io il debito ai debitori tifosi. Portate un mazzo di fiori alle vostre nonne che non hanno mai mancato una cartella esattoriale, e non solo se siete milanisti. Gli Italiani, anche se non distinguono il fallo da dietro da un lo famo strano, hanno pagato tutto, pure gli arbitri di Calciopoli.
Gli altri ringraziali del presente, del fatto che per l’anticipo di A tutto quello che c’è da dire è una polemica di un giovane bresciano con la pelle nera e i ricordi de la Fatal Verona

mercoledì 21 agosto 2013

GIRO DI BASSO ESTIVO (memorie da sotto il cielo, di un' estate, italiana)



Le vostre vacanze sono finite e le mie non sono manco iniziate. Che culo eh?
Sono così bisognosa di mare che invece di sognare il surf spot tropicale e i suoi ritmi liberi, volo con l’immaginazione verso i litorali italiani. Il bagno nella patria umanitas, l’immersione forzata nel costume nazionale, la veritas che ti colpisce come il SuperTele del marmocchio cafone, e Signora Madre, si scusi pure falsamente con il cuore gonfio di orgoglio tanto quello scarpone di suo figlio non solcherà mai un campo di serie A e non tromberà mai la velina mora e ancora più perfidamente penso dicendo ‘ma si figuri’ con il più smagliante e vincente dei sorrisi, non le dedicherà mai una lettera grondante di pathos dal serale della De Filippi. Peccato non sia femmina, le avrebbe dato della troia nel giro di quattro anni. Ma il mamma non rompere e il ritrovamento delle lenzuola incartapecorite non gliele leva nessuno.

Ho visto tre continenti ma certa roba solo in Italia.

I sassi di certe spiagge che ti chiedi perché i sassi, possibile che dalle ere glaciali in poi l’acqua in questo punto della terra non ha eroso un cazzo? E’ colpa dei palazzinari delle ricostruzioni post-belliche, rubavano la sabbia e costruivano quelle orrende abitazioni che ognuno di noi vorrebbe demolire a calci.

Le vecchie che si immergono sempre solo a mezza coscia. Il dj set di metà mattina con il ballo di gruppo, piene di adolescemi che non hanno capito che andare al mare con i genitori a quell’età è un reato. Andate a fumarvi le canne fino alle cinque del mattino, ritardati, quello è sviluppo, non avrete quattordici anni a vita, carpite l’attimo!

Le meduse e la terrificante scenetta scolpita ormai nella mia coscienza, un dodicienne trattenuto a forza dal padre e pisciato da tutti i suoi amici raggruppati in un sadico cerchio sghignazzante. Non posso fare a meno di mandare un abbraccio consolatorio attraverso lo spazio e il tempo alla donna adulta che avrà a che fare con questo maschio segnato dalla sorte in una età impressionabile come la cera.

La bimba lavata con l’aiuto del secchiello e l’immancabile bimbo coetaneo che la guarda pietrificato.
Una nazione al mare.
Le orecchie non vogliono vedere, il cuore non vuole leggere ma non posso cavarmi gli occhi e fare una strage, sono costretta a ricevere. E a vedere il galleggiante intimo sulla cresta dell’onda. Memorie da sotto il cielo, di un’estate, italiana.

C’è un motivo se appena uno fa due lire si imbarca verso il mare aperto. 

Assorbente esterno che galleggi accanto a me, quanto fai schifo. Di dove sei, da dove arrivi lo posso immaginare, ma chi, mai.  

Quale ragazzina incurante ti ha buttato da una barca, a bordo non c’erano cestini?

Quale adolescente innamorata ha sacrificato il pudore e l’ecologia in nome della sveltina sotto le stelle cadenti?

Quale signora ti ha perso per strada senza voltarsi, quanta insensibilità, il marito avrà rinunciato a capire che il mal di testa vuol dire che se non fa il bravo il mal di testa è l’unica cosa che viene?

Le sconfitte non sono sostenibili
e senza ali non si vola.

Io sono già a riva lontano da te a raccontare che ti ho visto e che schifo che fai.

Avanzerai sulla spiaggia con i tuoi simili, la buccia di anguria ti farà compagnia, la plastica, il lattice di un compagno preservante e le macchie d’alga vi nasconderanno malvolentieri, dopo che avrai ribattuto a riva all’infinito ripetendo il mio schifo agli altri, resterai nella memoria. Come l’alito cattivo di un brutto bacio. Come il pentimento per uno sbaglio che sapevi già che avresti fatto.

Le sconfitte non si metabolizzano, si dimenticano
e senza ali non si vola.




martedì 7 maggio 2013

IL GRANDE GATSBY SECONDO LUHRMANN PROMETTE BENE





La copertina originale de Il Grande Gatsby, 1925
Quando ho letto sulle pagine italiane dedicate al film di Baz Luhrmann in uscita il 16 maggio che: ‘Il Grande Gatsby narra di un giovane aspirante scrittore’ mi è venuto un colpo. Nick Carraway scrittore? In quale film?
Non è certo un aspirante scrittore ne Il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, dove Nick si trasferisce a New York per diventare agente di borsa. Perché cambiare la trama di un libro per fare un film che ne porti il nome? La natura, i personaggi di un libro, e l’autore stesso sono in svantaggio da morire quando il cinema ne saccheggia le trame. Ad esempio, cosa resta delle lacrime notturne della spinosa e grezza adolescente americana Lolita immaginata da Nabokov nel film di Kubrick? Solo quello che ha raccolto il lettore. Chi ha visto il film e basta ha raccolto una storia di zozza pedofilia con un’adolescente poco credibile. Ci tengo a precisare che alla prima di Lolita Nabokov ci rimase malissimo. Non si disperò perché non era il suo stile. Il suo stile era andare a caccia di lepidotteri con la moglie Vera. Uno come Fitzgerald invece si sarebbe suicidato con cinque bottiglie di vodka bevute alla goccia con la moglie Zelda.


Dopo aver meditato cinque minuti sull’ingiustizia (libri di autori alcoolizzati e defunti resecati da barbari pirati hollywoodiani strafatti di soldi) e aver scritto nella mia testa tremila articoli dove finivo regolarmente per urlare tra le righe ‘PORCI IGNORANTI!’ sono andata a controllare la sinopsi sul sito ufficiale del film, quello in inglese, e ho visto che Nick Carraway è ‘would-be writer’: potrebbe essere tradotto sia in aspirante scrittore che in futuro scrittore.

In entrambi casi, è un problema di traduzione. Se nel film di Luhrmann Nick sarà, come nel libro, il futuro scrittore della vicenda, allora si tratta di qualche povero ignorante (porco sarebbe troppo) che ha usato google translator e copia-incolla. Se invece Nick Carraway sarà un aspirante scrittore, vuol dire che la sceneggiatura del film ha deciso che per la versione cinematografica ha funzionato meglio fare di Nick un aspirante scrittore in cerca di una storia.
L’adattamento cinematografico è una traduzione, dalla narrativa scritta a quella per immagini, e se è vero che pensiamo per immagini la spirale della traduzione è un infinito turbine d’impressioni dopo il quale è difficile capire chi sia l’autore di cosa.


Dalle immagini si potrebbe dire che la visione che Luhrmann ha avuto della storia sembra comunque legittima. La voce di Nick, nel libro, ci racconta con un sussurro quello che un tempo è stato, sotto ogni punto di vista, un gran casino. Ricorda la storia di un uomo che letteralmente si è creato da solo, partorito da solo una seconda volta per raggiungere la luce del suo desiderio, la distratta, corteggiatissima, superficiale e sfondata di soldi Daisy e una volta che la supera non se ne accorge, toccando in questo modo il suo limite umano. Il suo grande errore, il passato, è anche il frutto della sua grandezza. L’unica volta che Nick si sbilancia lo fa quando, pur disapprovando Gatsby, gli urla a mo’ di complimento: ‘Sono un branco di porci. Tu da solo vali più di tutti loro messi insieme’.


 Sullo sfondo s’intravede la Jazz Era, le Flappers con i capelli alla maschietta, le gonne svolazzanti che mettevano in mostra le gambe, le feste grandiose e lo sperpero dell’America fra le due guerre, uno scenario che spetta al lettore attivare, attraverso la lettura. Luhrmann mette in moto questo carrozzone per lo spettatore di oggi che vive lontano da quell’epoca di sogno orgiastico della quale Fitzgerald scrisse nel 1925.
Il film promette bene, in tutti i sensi, anche se è sempre meglio conoscere la lingua d’origine per capire una traduzione. Altrimenti, senza offesa, uno rischia sempre di farci la figura del povero ignorante. (porco sarebbe troppo).